Per lunghe settimane la piccola Daphne ci aveva osservati mentre
mangiavamo, finché un giorno d’Estate in un ristorante di Arezzo
decise di allungare una mano, rubandosi un pezzettino di
salsiccia. Pochi giorni dopo ripeté il gesto con della salsa
agrodolce del ristorante cinese e quindi con della piadina romagnola
ancora tiepida.
Senza denti si mastica male, questo è chiaro, ma i primi assaggi di
nostra figlia avevano sicuramente un valore esplorativo: se noi
adulti dimostravamo così tanto interesse nel riempirci
sistematicamente la bocca di quella roba, forse un motivo doveva pur
esserci.
L’interesse di Daphne per il cibo, assieme alla capacità di tenere
la testa sollevata e la perdita del riflesso di estrusione,
costituiva l’ultimo in ordine temporale dei segnali indicati dall'OMS del fatto che fosse pronta ad incominciare l’alimentazione
complementare, classicamente detta svezzamento, così decidemmo di
partire… ma come?
Pronti per mettersi a tavola! |
L’estremo dogmatismo di queste liste, inoltre, appare in evidente
contraddizione con la grande versatilità della nostra specie, che
bene o male sopravvive allegramente a tutte le latitudini e con
alimentazioni molto differenti.
Ci sono stati di aiuto il libro di Lucio Piermarini "Io mi svezzo da solo" ed il sito web gestito da Andrea Re Autosvezzamento.it ,
che ci hanno suggerito di abbandonare ogni dogmatismo, presentando
alla bambina gli stessi cibi che consumavamo noi.
In aggiunta, abbiamo deciso di evitare portate separate, ma piuttosto
di presentare un unico piatto con dentro con alimenti appartenenti a
diverse categorie nutritive, in modo che Daphne potesse mangiare un
po’ di questo e un po’ di quello, fermandosi quando lo riteneva
opportuno.
Invece di ricorrere a cibo artificiosamente spappolato, abbiamo
presentato delle cose tagliate in piccoli pezzetti, adatti ad essere
afferrati con le incerte mani di un neonato e triturati dalle sue
robustissime gengive, in modo da allenare le mandibole. Onde evitare
rischi di soffocamento, abbiamo sempre evitato di dare forme
tondeggianti ai cibi, avendo cura di tagliare chicchi di uva, olive o
simili.
Durante il primo periodo il contatto di Daphne col cibo è stato di
pura esplorazione, limitato a piccoli assaggi e con il grosso della
sostanza che continuava a provenire dal latte materno; poi però la
bambina ha progressivamente ma inesorabilmente aumentato la propria
quota di cibi solidi, sviluppando in maniera spontanea tecniche molto
efficaci ed ingegnose.
Ad esempio, ogni volta che la bocca risultava troppo piena, lei
protendeva le mani verso un bicchiere d’acqua, noi glielo
accostavamo alle labbra e lei si liberava dell’eccesso con un
movimento che non saprei imitare, ma di grande efficacia e che
prevedeva l’ingresso di acqua in alto e l’uscita del cibo in
basso.
Una cosa molto importante che abbiamo imparato sono le tecniche di
disostruzione da praticare in caso di emergenza, così come
l’accortezza di lasciar tossire chi sta tossendo, senza battergli
sulla schiena né ostacolare in alcun modo la tosse. Una buona
descrizione delle tecniche, che sono utili non solo per i bambini ma
anche per gli adulti, è presente in questo video della Croce Rossa Italiana oppure in questo video Facebook della Famiglia Pozzoli, ma consigliamo comunque di seguire un corso.
La tecnica di svezzamento da noi seguita è comunemente detta
autosvezzamento in quanto si fonda sull’idea che il bambino non
abbia bisogno di speciali pappine o di alimenti tutti suoi,
coerentemente col concetto ribadito più volte dalle linee guida OMS
che il suo apparato digerente funzioni come quello di un adulto e analogamente a tutti quei meccanismi fondati su un mix di
imitazione e progressività che stanno alla base di tutti gli altri
processi di apprendimento nella prima infanzia.
Nei prossimi post parleremo dunque di autosvezzamento e
alimentazione, entrando maggiormente nel dettaglio delle varie
tematiche.
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